Abbiamo pensato di mettere qui alcuni libri che ci sono piaciuti, anche di recente.
Di stenderli qui al sole, al vento o alla pioggia. Così, per il piacere di farlo.
"New York, 26 giugno 1962
[...] io ammiro sempre di più le qualità letterarie della gente, cioè la possibilità di raccontare un fatto o fare un'osservazione giusta e vera. La maggior parte della gente trasforma cose successe a loro in cose lette sul giornale. Chi non sa raccontare fa paura
New York, 10 gennaio 1963
[…] Ho parlato ieri notte fino a tardi con Harold Rosenberg. È forse l’unico amico che ho qui e posso parlare con lui nel modo migliore - cioè ho la possibilità di ragionare, cioè inventare, mentre parlo. Cerca di leggere i suoi libri, apparsi anche in Inghilterra: The Tradition of the New e una biografia del pittore Arshile Gorky. Il resto della gente che vedo, a parte qualche ragazza, è tutta gente timorosa e convenzionale, specialmente i cosiddetti pittori
New York, 23 aprile 1991
[…] Beato te che hai una lingua autentica in cui puoi scrivere con l’istinto, perché è la lingua dell’infanzia. Per me scrivere è tradurre dal parlare o dal leggere di due lingue acquistate. Il rumeno l’ho ignorato sempre, anche da bambino di 12 anni, lingua di supplicanti e di poliziotti. La classe migliore parlava francese oppure, peggio ancora, rumeno distinto, da professore. Purtroppo è la lingua che, alla mia età e secondo le regole, mi ritorna quando cerco la parola giusta. Certe parole rumene, non usate da 70 o più anni, saltano [fuori] da qualche corridoio della memoria".
“Ora rivedo quell’uomo felice - “io” - che se ne sta lì immerso nella luce della luna, un giovedì notte d’agosto. È felice perché ha finito il suo romanzo - ha appena concluso l’ultimissimo intervento che gli competeva, cioè la correzione delle bozze - e i primi lettori ne sono entusiasti. La vita gli appare bella. Noi, però, sappiamo quel che lui ignora. Sappiamo che l'uomo felice in riva al lago è in pericolo di vita. Lui non ne ha la minima idea, e questo non fa che aumentare la nostra angoscia per la sua sorte.
È, questo, un dispositivo letterario noto con il nome inglese di foreshadowing ("prefigurazione" o "presagio"). Uno degli esempi che vengono citati più spesso è il celebre incipit di Cent'anni di solitudine: "Molti anni dopo, davanti al plotone d'esecuzione...". Quando noi lettori sappiamo qualcosa che i personaggi ignorano, vorremmo metterli in guardia. "Scappa, Anna Frank! Domani troveranno il tuo nascondiglio!" Quando torno con la mente a quell'ultima notte spensierata, l'ombra del futuro si proietta sulla mia memoria. Ma io non posso mettere in guardia me stesso. Troppo tardi. Posso soltanto raccontare la storia.
C'è un uomo solo nella notte, all'oscuro del pericolo che già incombe.
C'è un uomo che va a letto. Il mattino seguente la sua vita cambierà. Non ne sa nulla, il povero ingenuo. Dorme. E il futuro, mentre lui dorme, gli corre incontro.
Sennonché, paradossalmente, è piuttosto il passato che ri- torna, è il mio passato che mi corre incontro, e non come un gladiatore in un sogno, bensì da uomo mascherato e armato di coltello, deciso a eseguire una condanna a morte emessa trent'anni prima. Morti, siamo tutti nel passato, per sempre intrappolati in un tempo storico. Quella era la gabbia in cui il coltello voleva rinchiudermi.
Non il futuro, bensì il passato che tornava e cercava di trascinarmi indietro nel tempo”.
FECONDITÀ
Oggi mi sento bene, un Balzac; sto terminando questa seconda riga.
-Augusto Monterroso
CARTE IN POSTUMACIA
Esce di casa, si trova nella via, un cavallo aspetta, un servitore tiene la staffa, si cavalca attraverso un deserto echeggiante.
-Franz Kafka
"Gran parte della musica classica del XX secolo può funzionare soltanto negli spazi per cui è stata scritta, dove vigono severe restrizioni sociali e acustiche. Nacque una musica che non era mai esistita, e l'apparizione e il perfezionamento futuri della tecnologia della registrazione avrebbero reso tale musica più accessibile e quasi ubiqua. Mi domando quanta parte del divertimento del pubblico fu sacrificata per ridefinire i parametri sociali della sala da concerti; pare quasi masochistico che i ceti alti abbiano posto dei limiti alla propria esuberanza, ma immagino avessero altre priorità".
"Patrick Kerr voleva una donna che non esisteva. Una donna senza conflitti né pensieri, che non si preoccupava di pagare le bollette o di cucinare. Voleva una donna che non pensava alla pillola, che non prendeva mai la febbre. Una donna che non gli avrebbe mai chiesto niente, ma che allo stesso tempo si affidava completamente a lui. Voleva modellare qualcuno a sua immagine e somiglianza, ma quell'immagine doveva restare l'effige della femminilità assoluta. Quando mi ha conosciuta, mi aveva voluta perché ero giovane e incline alla devozione; in seguito mi ha voluta perché conoscevo tutte le sue regole, e le seguivo alla cieca. Poi, alla fine, quando non mi ha voluta per niente, è stato perché mi sono trovata un posto in cui stare al mondo, e mi sono rifiutata di farlo inghiottire dal suo".
Io invece, D.B., in questo periodo ho acquistato libri doppi. Sarà capitato a molti di aver comprato un libro già preso e di trovarselo doppio. Io sono andato oltre: li compro doppi, succede, perché non trovo più l’altro che poi all’improvviso ricompare, oppure ho acquistato libri in cui magari c’era già un racconto dentro al libro ma risultava difficile leggerlo dentro a 800 e passa pagine. E’ accaduto per esempio con The body, la novella di Stephen King, già inclusa in un libro che ho a casa. Nella versione singola di Pickwick edizioni è una lettura più agevole e quindi l’ho riacquistato. Recente anche l’ennesimo acquisto di Chiedi alla polvere di Fante. Ne avevo una versione vecchia di MarcosYMarcos e l’ho ripreso ora per Einaudi. E’ un libro letto almeno 5 volte, ma ho dovuto rileggerlo. Perché? Avevo in mente di scrivere qualcosa e volevo confrontare le due versioni.
Nella Grande Pianura di Umberto Bellintani l’ho riacquistato ora nella versione Specchio Mondadori curata da Maurizio Cucchi. Avevo la vecchia versione, con la copertina blu, ma è un libro di poesie talmente prezioso da meritarsi l’acquisto di due copie. A dire il vero in questa nuova versione c’è un’introduzione importante del curatore e ci sono alcune poesie inedite. Ben venga, quindi, anche questa nuova edizione.
Rulfo, Juan Rulgo invece ha scritto solo tre libri in vita sua: La pianura in fiamme, Pedro Paramo e Il gallo d’oro. Ho letto recentemente questo meraviglioso libro verde composto da diciassette racconti. Rulfo è il vero maestro di tutta la letteratura sudamericana del ‘900 e lo stesso Marquez lo ha indicato come il suo vero maestro. Messicano, nato nel 1918 e morto nel 1986, in questo periodo non sto pensando ad altro che a lui perché i suoi racconti sono impalpabili, fatti di niente, con una lingua secca come le pianure orientali delle Matamoros e Tampico. Racconta di pastori e contadini, assassini e rituali religiosi, superstizioni. Lo fa senza tenere conto della cronologia, spiazzando continuamente la logica narrativa. La sua scrittura, le storie raccontano la vita la morte l’amore, ma lo fanno come mai letto prima di lui. La sua scrittura e le sue storie mi hanno distrutto l’anima e lo dovrò leggere ancora, ancora e più volte, con le matite colorate in mano. Se dovessi dirlo con parole semplici: Rulfo nei suoi racconti si rivolge a qualcuno, a un “tu”. Potrebbe rivolgersi a noi lettori, invece si sta rivolgendo a un Dio. Direttamente a lui.
Di Sebald ho molti libri, ma mi mancava questo piccolo libro su Walser. Qui siamo al Sebald 100% Sebald il cui marchio di fabbrica è entrare nelle storie degli altri con la propria storia.
Quando è in stato di grazia coniuga autobiografia e biografia in modo magistrale, accompagna il testo a fotografie e questo lo rende unico, nel suo genere. Ha una scrittura pacata e ostinata. “Per Walser, giunto ormai a metà della sua vita, la scrittura era diventata un’autentica fatica.” Scrive Sebald a pagina 34. Di Sebald ho composto una mia personale trilogia, fatta da “Gli anelli di Saturno”, “Gli emigranti”, “Austerlitz”; per chi, come il sottoscritto, ama i pellegrinaggi, i vagabondaggi, le persone fuori dagli schemi, trova in Sebald un sicuro maestro da stimare. Nel frattempo, in questo mio procedere a tentoni, ho ricomprato “Palomar” di Italo Calvino. Secondo me ne dovrei avere almeno 3 copie sparse in giro, ma in queste ultime settimane mi sono fissato con questa idea: come ha fatto l’autore, nel 1983, a rappresentare attraverso il signor Palomar, i fenomeni del mondo? descrizioni e speculazioni, riflessioni e speculazioni. Sono temi che oggi sembra impossibile trattare come l’ha fatto Calvino in quegli anni. Proprio per questo mi interessa e infatti ho legato con un elastico Marcovaldo e Palomar. Da rileggere entrambi uno dietro l’altro. Che casino!
ROBBABUONACHECIPIACE
Ascoltare Munari per scrivere con più rigore!
Vitaliano Trevisan, intervista
David Byrne che fa la musica (per questo la spiega)
Saul Steinberg che dice cose folgoranti
Un bestiario pop
LEGGETE BENGALA!
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Ray Banhoff scrive cose che leggerete solo da lui, nella sua esplosiva newsletter che fa luce nella notte dei giorni tutti uguali. Editoriali umorali, libri, fotografie, scazzi, slanci, musica: tutta roba buona.
Abbiamo deciso che Mollette e Bengala sono cugine, per affinità, per simpatia, perché sì.
Quindi noi, cioè Davide e Jacopo, vi invitiamo a cliccare QUI e a seguire le scintille di Bengala.
Articolo estremamente interessante